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venerdì 18 settembre 2009

DONNE MADRI IN ITALIA. di Francesca Cianci

Repubblica di martedì 15 settembre 2009 pubblica un approfondita inchiesta sull’argomento “mamme che continuano a vivere con successo anche durante la gravidanza e successivamente anche subito dopo il parto”. Niente di straordinario se non leggiamo l’argomentazione in chiave italiana. In Italia realisticamente si è costretti purtroppo a considerare questi eventi assai eccezionali, quasi da scalpore. Dando per scontato che la struttura socioeconomica del nostro paese non dà la possibilità di ipotizzare in alcun modo che le donne possano permettersi una sorta di continuità lavorativa (tantomeno una gratificazione in tal senso), sono del parere che la chiave di lettura in relazione a tale condizione non si può ridurre solo al fatto che mancano le strutture base di sostegno alle donne, o che mancano leggi e normative a riguardo; ritengo piuttosto che alla base sussista, persistente, un modo d’essere e una mentalità radicata nei secoli, che appartiene non solo alle donne ma agli italiani nel complesso. Culturalmente, in Italia, la donna che diventa madre si riveste di un significato così tanto forte da sfociare molto spesso in un territorio che diventa infine “patologico”( vedi la ben nota “depressione post partum”). La donna che diventa mamma non si impregna solo della gioia di diventarlo, ma innalza un’impalcatura dentro un palcoscenico, come all’interno di una commedia. La società italiana vuole che le mamme siano in un certo modo, che pensino in un certo modo, che cambino quasi la loro identità preesistente, costringendo quella che era una ragazza libera, gioiosa, ambiziosa (o meno), a diventare spesso una donna cupa, eccessivamente responsabilizzata, piena di doveri, chiusa ermeticamente dentro un ruolo imprigionante, sola, imprigionata dentro una gabbia falsamente dorata; ne consegue che l’evento parto e il diventare madri, per le donne italiane, più che un evento naturale e gioioso, diventa spesso una specie di catastrofe che rovina e distrugge la vita di molte; ci si senta spesso anche in colpa per sentire disagio e frustrazione in un momento che dovrebbe essere “unico e meraviglioso” incondizionatamente e a prescindere da tutto! Nel mio contesto lavorativo assisto frequentemente a forme depressive conseguenti al diventare madri, e davvero non è solo un fatto ormonale. In Italia diventare madri comporta un onere psichico ed emotivo eccessivamente rilevante: Tutto questo inevitabilmente svilisce la giocosità e la naturalità dell’evento in sé. E’ un prezzo estremamente alto da pagare. La madre italiana viene vista, interpretata e decodificata secondo schemi culturali preconfezionati che alla base mantengono fermamente una mentalità falsa e innaturale, una mentalità che vuole la donna in ultimo moglie e madre, come se questo fosse in definitiva l’obiettivo vero dell’essere femminile.

Volendo andare ancora più a fondo, questa mentalità atavica ormai “connaturata” nella psicologia del mondo femminile, ha conformato e modellato nel tempo la psiche della donna, direzionandola verso questo obiettivo di fondo, pertanto le donne stesse si impregnano di una sorta di “realizzazione finale e totalizzante” una volta diventate madri e spostano automaticamente e spesso inconsapevolmente, il corso del loro modo d’essere e di sentirsi precedente all’evento, autobloccando obiettivi e ambizioni che pur esistevano precedentemente, deprivandosi quasi improvvisamente di tutto il bagaglio che caratterizzava il loro vivere fino ad allora, convogliando tutta la loro attenzione psichica ed emotiva all’interno del nuovo ruolo (che molte non avevano preventivato in questi termini), impoverendosi nei confronti di tante possibilità importanti, tranciando le loro potenzialità, marchiando la loro emotività, e cosa ancora più sconcertante è che tutto questo viene connotato come “naturale”. Questo è invece causa e fonte di svariati disturbi e di molteplici disfunzionalità. E’”naturale” che arrivati ad un certo punto della propria vita ci si dimentichi del mondo intero e ci si immetta in una dimensione “autistica”? è “naturale” dimenticare chi eravamo prima di tenere in braccio il nostro bambino? dimenticare i progetti di vita che avevamo e che quell’esserino così tenero che abbiamo tra le mani ha infranto bruscamente? Non si può considerare naturale tutto questo. In altri paesi dove la donna si vive ed è vista in modo più “naturale” e umano, diventare mamme rappresenta una grande gioia. In Italia questa gioia costa cara!

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